I dati certificano che l’export italiano ha reagito bene al rallentamento del commercio mondiale verificatosi di recente: il CENSIS osserva che in Italia, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2015, il rapporto tra le esportazioni di beni e servizi e il Prodotto interno lordo (PIL) è passato dal 26,3% al 30,4%. Una crescita che (forse) non è destinata a fermarsi.
Il SACE, una società del Gruppo Cassa depositi e prestiti, stima che l’export di beni italiani continuerà ad aumentare anche nel 2016 (+3,2%), seppure ad un ritmo leggermente meno sostenuto rispetto a quello dell’anno scorso (nel 2015 l’export italiano è cresciuto del 3,8% su base annua). I motivi di questo rallentamento sono diversi, spiegano gli analisti del SACE.
L’elenco delle cause include le dinamiche finanziarie e valutarie, il ciclo delle materie prime, il rallentamento dei Paesi emergenti, gli accresciuti rischi politici e le crescenti tensioni geopolitiche. Negli anni successivi, le cose potrebbero andare ancora meglio: le esportazioni dovrebbero crescere tanto nel 2017 (+3,8%) quanto nel 2018 (+3,9%), fino a superare il 4% nel 2019.
In soldoni, secondo le stime del SACE, dai 414 miliardi di euro del 2015 passeremo ai 480 miliardi nel 2019. A crescere, però, potrebbe essere anche il numero delle imprese italiane esportatrici: secondo i dati contenuti nell’annuario statistico 2016 dell’ICE, nel 2014 erano 192.690, pari al 4,5% delle imprese attive in Italia, e impiegavano 192.690 addetti. Nel 2012 erano molte di meno: 189.995, il 4,4% sul totale delle aziende italiane.